Blog - 31 marzo 2020

Restiamo medici, anche a distanza

Marco Montagna

È nota a tutti la percentuale di operatori sanitari contagiati dal virus. Per chi non la sapesse, è del 9.5%*, dato che non può lasciare indifferenti. Un medico o infermiere o tecnico o OSS su 10 è quindi in quarantena per 14 giorni o lo è stato. Per 14 giorni è stato o sarà sottratto dalla comunità. Proprio in questi giorni di massima emergenza per il nostro sistema sanitario, proprio in questi giorni in cui anche la vocazione più flebile viene riaccesa dalla chiamata al servizio dei più bisognosi, proprio in questi giorni in cui siamo sotto i riflettori di tanti che ci hanno ignorati per anni o, se ci hanno dato attenzione, l’hanno fatto per screditare noi e la nostra categoria. Nel frattempo, al 31 marzo 2020 sono 66 i colleghi italiani che ci sono stati strappati definitivamente dalla pandemia. E chissà quanti nel mondo.

Tralascio qualsiasi valutazione su quanto sia incredibile che nel 2020 un medico per fare il proprio lavoro debba mettere a repentaglio la propria incolumità, come se il giorno in cui si è iscritto a medicina stesse in realtà arruolandosi all’Arma. Fra l’altro sostengo quegli opinionisti che stanno criticando l’accostamento al mondo bellico che viene fatto di questa emergenza, che è sanitaria, non militare.

Scrivo invece per portare la testimonianza di uno specializzando in medicina interna, socio SIMI, che è appunto risultato positivo al tampone dopo aver prestato assistenza a pazienti Covid19.  In un primo momento c’è la paura di aver contratto una patologia che è molto imprevedibile e che tanto sta spaventando chiunque e ovunque. Tutti sanno quanto siano poco bravi i medici a fare i pazienti. Superata la paura e risolta la sintomatologia, affiora la rabbia e la frustrazione del dover rimanere bloccati a casa impotenti mentre i propri colleghi si dannano anima e corpo per affrontare l’emergenza. Ci si sente come messi in una vetrina, a guardare il tempo scorrere, e il mondo evolvere, prendere decisioni epocali, prodursi in sforzi ingenti. Ci si domanda quale è il proprio ruolo, mentre ogni sera si cerca il bollettino aggiornato sui nuovi casi, decessi e guariti.

Cosa può dunque fare un medico per restare medico, anche a distanza?

Ebbene penso che questa sia una domanda che dobbiamo porci. Con le dotazioni scientifico-tecnologiche di cui disponiamo oggi, ogni singolo membro dell’Ordine dei Medici può rispondere alla propria vocazione e può rivestire il proprio ruolo come baluardo intellettuale e di salute anche chiuso tra quattro mura. Ed è con profonda tristezza che constato che invece ad oggi ancora queste dotazioni non ci son state messe a disposizione dai decisori. Per pigrizia? Per inerzia? Per incompetenza? Per miopia? Forse anche perché noi per primi non le abbiamo chieste e sapute sognare. Ma la crisi che stiamo attraversando apre uno spiraglio proprio in questa direzione.

Nell’attesa, non ci resta che usare le tecnologie che già abbiamo: ben vengano quindi le telefonate e le chat con chi ci chiede aiuto, risposte chiare su ciò che sta accadendo, consigli su come comportarsi, eventualmente come ricevere le cure necessarie. Possiamo esercitare sui nostri prossimi, anche online, quella che è sempre stata la nostra missione: creare salute, ovvero “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale“. Più che mai ce n’è ora bisogno. Buon lavoro a tutti, dunque. Ah, e un consiglio: i primi ad avere bisogno di noi, sono proprio i nostri colleghi negli ospedali e sui territori, buona idea partire da lì, facendo sentire loro la nostra vicinanza e preoccupandoci di loro.

 

*secondo i dati dell’epicentro ISS il 30 marzo 2020 i casi totali erano 94312, di cui 8956 operatori sanitari

Restiamo medici, anche a distanza
Accedi per commentare l'articolo
1177